Bangkok tra templi nascosti e notti sfrenate: un giorno tra sacro e profano: Capitolo 8
7–10 minuti

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Un’intera giornata a Bangkok tra i suoi templi nascosti, la spettacolare salita all’interno del drago a Nakhon Pathom (Dragon Temple), e il vivace caos di Khaosan Road: un viaggio tra spiritualità e divertimento fino a notte fonda.

La sveglia suona e mi alzo ancora un po’ frastornato dalle avventure della giornata precedente. Bangkok mi accoglie col suo caldo impietoso e i suoi odori pungenti, ma oggi inizia un nuovo capitolo. Andrea si è alzato prima di me: aveva un appuntamento con un vecchio amico conosciuto proprio qui, qualche anno fa. Io ne approfitto per  raccogliere i panni sporchi e portarli a lavare.

Lavanderie, cannabis e normalità

Qui in Asia le lavanderie non mancano. Ci sono quelle automatiche, come da noi, ma anche altre gestite da personale o addirittura locali ibridi, dove dentro a un bar o a un ristorante trovi anche il servizio “Laundry”. Non sempre si capisce subito, ma basta leggere una scritta sul muro o chiedere. I migliori sono quelli dove te li restituiscono stirati e piegati, pronti da mettere in valigia.

Oggi entro in un posto dal nome curioso: DIO. Vendono anche cannabis, che in Thailandia è stata decriminalizzata dal 9 giugno 2022. L’atmosfera è rilassata. Una signora si avvicina, pesa il mio sacchetto e mi consegna una ricevuta: “Torna domani, sarà tutto pronto.” Pago e mi rimetto in strada.

Khao San Road di giorno

Fuori ci sono 40 gradi. L’umidità mi schiaccia le spalle mentre percorro una Khao San Road stranamente silenziosa, lontana dalla confusione notturna che la anima ogni sera. Vengo subito avvicinato da vari driver di tuk tuk, i classici mezzi a tre ruote del sud-est asiatico, simili alle nostre Ape. Contratto con uno di loro, un signore simpatico e chiacchierone, che chiama un altro ragazzo.

Il solito giro con deviazione inclusa

Alla guida c’è un ragazzo giovane, sorridente. Ma so già come andrà. Ogni corsa in tuk tuk nasconde sempre qualche tappa “suggerita”, che guarda caso ha sempre a che fare con negozi o agenzie di amici e parenti del driver. Nessuna sorpresa, ci sono abituato. Infatti la prima fermata è una piccola agenzia di viaggi, dove una donna mi propone tour organizzati per Bangkok, Ayutthaya, Kanchanaburi. Ascolto con cortesia, le faccio dire i prezzi (gonfiati, ovviamente), ma declino gentilmente. Io viaggio da solo. Senza orari. Senza regole.

Salgo di nuovo sul tuk tuk e spiego al ragazzo che voglio soltanto farmi un bel giro. Lui annuisce e parte. Mi porta a visitare due templi.

Templi e silenzi

Il primo è il Wat Noranat Suntharikaram, tranquillo e appartato. Pochi turisti, qualche monaco che passeggia in silenzio. Mi fermo, osservo, respiro. Poi arriviamo al Wat Bowon Niwet Wihan Ratchaworawihan, uno dei più importanti della città. Appena entro mi accorgo che è in corso una cerimonia buddista riservata ai soli monaci. Rimango in disparte, nel silenzio, affascinato dal ritmo lento dei gesti, dai canti, dal profumo dell’incenso.

In quel momento, Bangkok smette di urlare. È solo un attimo. Ma vale tutto il viaggio.

Ritornato a Khaosan Road mi rivedo con Andrea. Pranziamo insieme in uno dei tanti ristorantini alle spalle di Khaosan e, tra una chiacchiera e l’altra, decidiamo di andare a visitare il Wat Samphran, il celebre Dragon Temple, situato a circa mezz’ora da Bangkok, nel distretto di Nakhon Pathom. Prenotiamo un Grab e ci mettiamo in marcia.

Appena arrivati, ci accolgono due enormi dragoni all’ingresso che sembrano volerci inghiottire o proteggere, non capisco bene. Entriamo nel complesso e davanti a noi si erge lei: una torre cilindrica rosa alta 80 metri, l’età del Buddha al momento della sua morte, avvolta interamente dal corpo di un drago verde scolpito che la stringe dalla base fino alla cima. Un’immagine potente, simbolo dell’ascesa dall’inferno al paradiso.

C’è poca gente. Tutto è silenzioso. Ci guardiamo attorno e decidiamo di esplorare il complesso con calma. Poco più avanti ci troviamo davanti alla statua dorata di Guanyin, la Bodhisattva della Compassione, una figura che tornerà nel mio viaggio più avanti, come un segnale lasciato in sospeso. Proseguiamo nel parco che circonda la torre, dove spuntano qua e là statue giganti: una tartaruga, un elefante bianco, un coniglio, un pavone, e poi ancora serpenti intrecciati, simboli ricorrenti del Buddhismo.

Poi ci avviamo verso il cuore del tempio. C’è anche un ascensore per arrivare in cima, ma preferiamo salire a piedi, camminando all’interno del corpo cavo del drago, realizzato in ferro e fibra di vetro. È vuoto, e proprio per questo il percorso ha un fascino surreale. È come entrare in un essere mitologico e farsi trasportare nel suo viaggio ascensionale. A metà percorso troviamo un ingresso laterale e decidiamo di entrare nel palazzo.

Dentro incontriamo una signora dal volto dolce e lo sguardo vispo. È una religiosa buddista, lavora lì come guida e, con un’energia contagiosa, si propone di accompagnarci nella visita. Accettiamo volentieri.

Piano dopo piano ci racconta la storia delle numerose statue che incontriamo lungo il percorso: ognuna ha un significato preciso – protezione, salute, gratitudine, energia positiva, e molte sono legate anche alla sfera familiare. Le sue parole scorrono lente, come un mantra, e ci aiutano a entrare davvero nel tempio, non solo fisicamente ma con tutto ciò che abbiamo dentro.

Arrivati in cima, usciamo sul tetto. La vista è spettacolare. Nakhon Pathom in lontananza e l’ampia natura che la circonda, distese verdi e tranquille sotto un cielo dai colori caldi e vibranti, mentre sopra le nostre teste c’è la testa del drago, con un piccolo Buddha seduto proprio sotto il suo mento. La guida ci spiega che il drago simboleggia la protezione, e che quel Buddha lì sotto è come un cuore difeso, custodito, mai esposto.

Cammino lungo il bordo del tetto e scatto una foto a una religiosa inginocchiata in preghiera. Il sole sta calando e colora tutto di arancio. È un’immagine che resterà impressa nella mia memoria: la spiritualità silenziosa, il cielo che si spegne piano, e una donna devota che si perde nella preghiera. ❤️

La guida ci scatta anche alcune foto e video, dice che li pubblicherà sulla sua pagina Instagram. Prima di lasciarci, ci porge una benedizione, toccante nella sua semplicità. Scendiamo con l’ascensore questa volta, con il cuore un po’ più pieno. All’uscita del tempio ci stringe forte in un abbraccio carico di energia positiva. Io ricambio, cercando di assorbire quella carica, quel sorriso, quell’umanità rara.

Le offriamo un piccolo compenso per il tempo che ci ha dedicato, ma lei lo rifiuta: “Non lo faccio per soldi”, ci dice. Insisto, proponendole di tenerli come offerta per il tempio. A quel punto accetta, con gratitudine.

Un tramonto emozionante alle spalle del Dragon Temple

Il sole si è quasi nascosto dietro l’orizzonte e decidiamo di esplorare cosa ci sia dietro al tempio. Camminiamo lungo un sentiero decorato da piante tropicali e ci imbattiamo in alcune tende da campeggio: sono semplici rifugi dove, probabilmente, monache in pellegrinaggio hanno trovato una dimora temporanea. Più avanti, davanti alla statua gigante della tartaruga, ci fermiamo.

Il cielo si è trasformato in un quadro vivido, un’esplosione di arancio, rosso e giallo che sfuma tra le palme. Non diciamo nulla. Ci sediamo a terra, in silenzio, e osserviamo. Il tempo perde significato. Sento che in quel momento sono pienamente presente. Non esiste il passato, non esiste il futuro. C’è solo quella luce, quel silenzio, quella sensazione profonda di essere vivo.

È lì, tra quei colori e quell’aria immobile, che sento il viaggio scorrere dentro di me. Sto bene con Andrea, ma so già che le emozioni più vere, quelle che mi cambieranno davvero, arriveranno quando sarò da solo.

Quando ormai la luce è svanita del tutto, ci avviamo lentamente verso l’uscita. Chiamando un Grab per tornare in città, sento che qualcosa si è mosso dentro di me. Stiamo tornando nel caos di Khaosan Road, nel rumore, nelle luci, nei turisti ubriachi. Un salto brusco, quasi violento, dalla quiete sacra di Nakhon Pathom a uno dei gironi infernali di Bangkok.

Khaosan di notte: tra euforia e riflessione

Arrivati a Khaosan Road, la stanchezza si mescola alla fame e decidiamo di fermarci in un ristorantino molto carino. Ordiniamo un Pad Thai delizioso, accompagnato da una Chang ghiacciata, che scende che è un piacere dopo una giornata così intensa.

Dopo cena, una passeggiata lenta ci riporta verso l’hotel, con la via che si sta già popolando di turisti e luci colorate. Una doccia veloce, ci cambiamo, ed eccoci di nuovo fuori, pronti a tuffarci nella notte.

Entriamo in diversi locali: musica ad alto volumegente ovunque, risate, balli, bicchieri che tintinnano. Khaosan è un vortice, un carosello notturno inarrestabile. Dentro i club l’aria condizionata è glaciale, e fuori il caldo è ancora umido e appiccicoso. Nei boccali di birra mettono addirittura cubetti di ghiaccio, un’abitudine che pagherò cara più tardi, quando lo stomaco inizierà a protestare.

Continuiamo a saltare da un locale all’altro, senza una meta precisa, seguendo solo il ritmo e il richiamo della folla. Le ore passano in fretta, finché non ci accorgiamo che sono quasi le quattro del mattino.

Decidiamo di tornare in camera, finalmente. Khaosan è ancora viva, brulicante di voci e musica, ma io no. La mia giornata è finita. E anche se il corpo cede, la mente rimane sveglia, con addosso ancora tutta la polvere e la magia di questa città infinita.

Mentre mi stendo sul letto e lascio che gli occhi si chiudano lentamente, penso a quanto Bangkok sia capace di trasformarsi. Una città che di giorno ti stordisce con i suoi contrasti e la sua frenesia, e di notte ti avvolge, ti assorbe, ti fa dimenticare l’ora. È caotica e dolce allo stesso tempo, dura e affascinante. Ed è proprio in questo equilibrio impossibile che, forse, si nasconde il suo incanto.

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sono Vittorio

e ho deciso di raccontare il mio viaggio in solitaria attraverso l’Asia, zaino in spalla e spirito d’avventura.

Dopo anni di lavoro tra uffici e, di tanto in tanto, in giro per il mondo, ho sentito il bisogno di ritrovare un po’ me stesso. Così, nel 2025, ho preso un volo e ho attraversato Singapore, Malesia e Thailandia in un mese.

Questo blog nasce per condividere emozioni, errori, scoperte e ispirazioni.

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