6 visite
Il secondo giorno a Chiang Mai inizia tra i silenzi e la bellezza dei templi e finisce tra risate, musica dal vivo e un piatto di tacos caduto ma condiviso a distanza. In mezzo, una lunga giornata fatta di centri commerciali, incontri gentili e quella calma unica che solo il nord della Thailandia sa regalare.
Colazione e partenza verso il Wat Sri Suphan
Seconda giornata a Chiang Mai.
Faccio colazione nel silenzio ancora assonnato dell’hotel, poi esco. Il sole è già alto, la giornata promette caldo e luce piena. Ho intenzione di andare al Wat Sri Suphan, uno dei templi che più mi incuriosiscono della città.
Prenoto un Grab motorbike e mi faccio portare lì.
L’aria calda mi accarezza il viso per una ventina di minuti, mentre attraversiamo vie trafficate, piccole botteghe e angoli di vita locale. L’odore di spezie e fritto arriva da qualche bancarella, si mescola all’odore di benzina e al profumo dolce dei fiori tropicali.
Il tempio d’argento: splendore e spiritualità
Arrivato al complesso, compro il biglietto ed entro.
Davanti a me si apre un piccolo cortile, circondato da decorazioni e statue. Ma è impossibile non restare colpiti dal Silver Temple, il celebre Wat Sri Suphan, che brilla come un gioiello al sole. Ogni parete, ogni scultura e perfino il tetto sono rivestiti da pannelli d’argento cesellati a mano, che raccontano scene religiose e simboli della tradizione buddista.
Il tempio fu fondato intorno al 1500-1502, durante la dinastia Mangrai, sotto il regno del re Phra Mueang Kaew, undicesimo sovrano del Regno Lanna (1495-1525).
Inizialmente chiamato Wat Srisuphan Aram, fu costruito come centro spirituale nel quartiere Wualai, noto fin da allora per l’arte dell’argento.
All’ingresso, un cartello richiama l’attenzione: “Le donne non possono entrare nel tempio principale.”
Mi fermo un momento a leggere. È una tradizione antica, legata a credenze religiose che qui sopravvivono al tempo. Entro nel tempio. L’atmosfera all’interno è intensa, quasi mistica. La luce argentea si riflette ovunque, una musica rilassante riempie lo spazio e accompagna i miei passi lenti. C’è un senso di calma profonda, di equilibrio.
Resto per un po’, poi esco lentamente, lasciando alle spalle quella sensazione sospesa tra bellezza e spiritualità.
Il Wat Muen San: la calma nascosta tra i templi
Cammino lungo la strada e, diretto verso il Wat Muen San, che si trova lì vicino, mi fermo a una bancarella davanti a una casa. Una signora sorridente mi offre qualcosa di fresco da bere. Mi siedo un istante all’ombra, gustando la bevanda fresca.
Poco dopo arrivo al tempio.
Il Wat Muen San è meno appariscente, ma profuma di serenità e autenticità.
Entro e respiro quell’aria di pace, lontana dal rumore della città. Le campane oscillano leggere al vento, i monaci camminano in silenzio, e io mi lascio avvolgere da quella calma che sembra appartenere solo a Chiang Mai.
Verso la stazione degli autobus e nuovi pensieri di viaggio
Finisco la visita del Wat Muen San e, con ancora negli occhi la calma dei templi di Chiang Mai, chiamo un Grab per raggiungere la stazione degli autobus. Voglio informarmi sugli orari dei bus per Chiang Rai, la prossima meta che ho in mente per i giorni successivi.
Quando arrivo, il piazzale è animato da un via vai di persone, zaini colorati, voci, e odore di noodle fumanti provenienti da qualche bancarella. Mi avvicino al banco dei biglietti e chiedo alle ragazze quando partono i bus per Chiang Rai. Mi spiegano, con cortesia e un sorriso, che ci sono corse ogni giorno, ma è meglio prenotare in anticipo. Le ringrazio e me ne vado senza acquistare nulla, ma con la testa già proiettata altrove.
Mi torna in mente Pai, un piccolo paesino immerso tra le montagne del nord, che avevo visto su una mappa e di cui avevo sentito parlare nei negozi di escursioni.
Mi incuriosisce, mi attira. Ho ancora tempo, e l’idea di raggiungere un posto più tranquillo, circondato dalla natura, mi affascina.
Nei negozi turistici, Pai viene venduta come gita organizzata in giornata, con andata e ritorno da Chiang Mai.
Tre ore di strada per lato… assurdo.
Io voglio viverla con i miei ritmi, come ho sempre fatto. Così, deciso, vado al banco dei bus diretti a Pai e compro un biglietto per la mattina successiva.
Con il biglietto in tasca e la prossima avventura già in programma, mi accorgo di avere fame.
Lì vicino, a pochi minuti di distanza, scorgo un grande centro commerciale, visibile da lontano come un faro di modernità tra le strade polverose.
Prendo un Grab motorbike e mi faccio portare davanti all’ingresso.
Pranzo al Pepper Lunch e vita nei centri commerciali del nord
Ho in mente un posto preciso: Pepper Lunch, una catena di ristoranti giapponesi che ormai conosco bene e che si trova quasi in tutta l’Asia.
È un locale particolare, perché utilizza piastre metalliche calde riscaldate ad alta temperatura tramite un fornello elettromagnetico.
La carne cruda e le verdure vengono servite direttamente sulla piastra, dove cuociono davanti al cliente, in un piccolo spettacolo di vapore e profumi.
Si può scegliere se mangiarla al sangue o ben cotta, e condire il tutto con una salsa dolce al miele (Amakuchi) o con una salsa di soia all’aglio (Karakuchi).
Dopo un giro infinito tra i corridoi lucenti e i piani infiniti del centro commerciale, finalmente trovo il ristorante. Mi siedo, ordino e, dopo pochi minuti, la piastra sfrigolante arriva davanti a me.
Il profumo è irresistibile. Mentre mescolo carne, riso e verdure, mi godo ogni boccone come una piccola celebrazione del viaggio.
È tutto delizioso.
Quando finisco, pago ed esco.
Faccio ancora un giro tra i negozi e le gallerie, il centro commerciale è un mondo a parte, pieno di luci, musica e voci di bambini.
Proprio davanti a una grande scalinata mi fermo a guardare una manifestazione di piccoli studenti, che cantano e ballano con entusiasmo, sorridenti e fieri davanti ai genitori che li riprendono con i telefoni.
Li osservo per qualche minuto, pensando a quanto la vita sappia regalare momenti semplici ma pieni di bellezza, anche nei luoghi più inaspettati.
Il tramonto su Chiang Mai
Esco dal centro commerciale e torno verso l’hotel. Il tragitto in Grab dura una ventina di minuti, giusto il tempo per far scorrere davanti agli occhi il paesaggio di Chiang Mai che cambia colore con il calare del sole.
Prima di rientrare in camera, passo dalla lavanderia per ritirare il bucato.
Entro di nuovo nel piccolo vicolo dove ero stato il giorno prima: il ragazzo è lì, seduto tra i cesti di panni ordinati. Appena mi vede, mi sorride e mi chiede il biglietto. Glielo consegno, poi torna con il mio sacco pieno di vestiti puliti, profumati e piegati con cura.
Lo ringrazio sinceramente e torno in hotel, che si trova proprio accanto.
Il tempo di sistemare i vestiti, una rapida occhiata allo zaino, e esco di nuovo.
Fuori, il sole sta calando. Le strade cominciano a tingersi d’oro, e la pace del tramonto mi travolge. Cammino verso sud, senza una meta precisa, lasciandomi guidare dai colori del cielo.
Mi fermo ancora una volta, come fosse ormai un rito quotidiano, ad ammirare il tramonto che sfuma dietro i tetti della città. Il silenzio, interrotto solo dal ronzio lontano dei motorini, mi regala un senso di calma profonda.
Camminando mi imbatto anche nel Wat Inthakhin Sadue Muang e, più avanti, nella piazza dove c’è il Monumento ai Tre Re, assorbendo ogni dettaglio di quella parte di città.
Un taglio di capelli e una serata tra risate e street food
Quando il sole scompare del tutto, riprendo a camminare e mi ritrovo a Lanna Square, una zona vivace e piena di vita. I bar allineati lungo la via vaporizzano acqua fresca nell’aria, creando una leggera nebbiolina che rinfresca dal caldo torrido e rende l’atmosfera ancora più piacevole.
C’è musica dal vivo, bancarelle di street food, tavolini al centro della piazza, e un via vai di persone che chiacchierano e ridono.
Non ho ancora fame, ma mi viene voglia di tagliarmi i capelli.
Cerco un barbiere e lo trovo proprio dietro la piazza.
Entro e mi affido alle mani di un giovane ragazzo, concentrato e gentile. Il ronzio della macchinetta accompagna i miei pensieri, e quando finisce, mi guardo allo specchio e sorrido.
È un buon taglio, comodo e perfetto per il viaggio.
Ritorno verso il night market di Lanna Square, dove la musica dal vivo continua a riempire l’aria.
L’atmosfera è allegra, le luci calde delle bancarelle illuminano i volti delle persone, e l’odore del cibo avvolge tutta la piazza.
Al centro ci sono i tavolini, e tra le varie bancarelle noto un chioschetto che prepara tacos messicani.
Mi avvicino, ordino e pago. La ragazza in cucina sorride mentre prepara il piatto.
Nel frattempo, mio fratello mi chiama in videochiamata. Parliamo, ridiamo, e quando la ragazza mi chiama per ritirare il piatto, cerco di prenderlo con una mano sola, mentre con l’altra tengo il telefono.
Risultato: il piatto mi scivola e cade tutto sul banco.
Per un attimo resto immobile, poi io e la ragazza scoppiamo a ridere insieme.
Poco male — raccolgo tutto e lo rimetto nel piatto, tra le nostre risate.
Mi siedo a uno dei tavolini, continuo a parlare con mio fratello in videochiamata, e mangio quei tacos come se fossimo a tavola insieme, anche se a migliaia di chilometri di distanza.
Una serata semplice, ma piena di umanità, leggerezza e piccole connessioni — proprio quelle che rendono ogni viaggio indimenticabile.
Mi godo quella cena in compagnia di mio fratello, con la buona musica del gruppo sul palco a fare da sottofondo. È una di quelle sere leggere, in cui non serve fare nulla di speciale per sentirsi bene. Dopo, ritorno sulla strada. Senza meta, come ormai spesso accade.
Ritorno al Pavilion e cammino lungo il fiume Ping
Decido di tornare nella zona del Pavilion Night Bazaar, dove ero la sera prima. Voglio dare un’altra occhiata al mercato, magari scoprire qualcosa che mi era sfuggito. Arrivo, faccio un giro tra le bancarelle illuminate, mangio un Roti con banana e Nutella, e poi mi incammino in direzione del fiume Ping, uno dei corsi d’acqua più importanti della Thailandia del nord.
Passo il ponte e mi ritrovo nella periferia di Chiang Mai. Zero turisti, solo gente del posto. L’atmosfera è tranquilla, autentica. Mi fermo un po’ sul lungofiume, insieme a loro, osservando la vita che scorre lenta come l’acqua sotto di me. Poi riprendo il ponte e torno indietro. Lungo il fiume ci sono ristoranti e una discoteca, il suono della musica che si mescola al frinire degli insetti.
Come la sera precedente, decido di tornare in hotel a piedi. Lungo la strada incontro un turista occidentale visibilmente agitato, probabilmente sotto effetto di alcol o sostanze stupefacenti. Cambio strada, senza fretta, e continuo il mio cammino tranquillo.
Un incontro insolito e il rientro in hotel
Dopo più di mezz’ora arrivo nei pressi del fossato che delimita il centro storico della città. È allora che noto qualcosa di davvero insolito: sotto gli alberi, ammucchiati, ci sono sacchetti di spazzatura, e intorno centinaia di topi che, alla mia vista, scappano veloci verso la riva del corso d’acqua. È una scena surreale. Mai visti così tanti topi in città.
Eppure, in fondo, hanno più paura loro di quanta ne abbia io. Così proseguo il cammino con calma, respirando l’aria tiepida della notte, fino a raggiungere finalmente l’hotel.
Mi fermo un momento al 7-Eleven accanto all’ingresso, compro qualcosa per la colazione del giorno dopo, poi mi siedo da solo al tavolino fuori, accendo una sigaretta e guardo la città addormentarsi. Il fumo si mescola all’aria umida della notte, e in quel silenzio mi sento di nuovo in viaggio, dentro il viaggio.
Salgo in camera, una doccia veloce, e poi a letto. Domani mi aspetta una nuova avventura, un viaggio verso un posto di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Ed è proprio questo a rendere tutto ancora più emozionante.






































Lascia un commento